Coronavirus frana della globalizzazione

Quanto lo scenario mondiale stia cambiando rapidamente è testimoniato da un dato molto significativo. Le quotazioni dell’oro, il bene rifugio per eccellenza, sono crollate in un giorno del 3% e continuano a restare molto basse, rappresentando un’anomalia rispetto a quanto accade di solito nelle crisi quando  l’oro tende invece a salire. Ciò accade perché le perdite subite dai mercati finanziari, le peggiori dalla crisi del 2008, questa volta sono così pesanti che, per coprirle, tanti operatori devono vendere i titoli legati all’oro di cui dispongono.

Solo per fornire un indicatore della tempesta in atto è sufficiente ricordare che in una settimana sono stati bruciati nelle borse mondiali oltre 6mila miliardi di dollari, una cifra pari all’intero Pil del Giappone, e che gli inevitabili rimbalzi successivi hanno una chiara natura limitata e temporanea. È evidente, dunque, che siamo davanti alla seconda grande frana della globalizzazione. La prima, quella del 2008 appunto, è dipesa dall’ipertrofia della finanziarizzazione; troppi titoli tossici in giro, troppi rischi non controllabili, troppa economia di carta. La seconda, quella attuale, dipende dalla diffusione di un’epidemia che sta paralizzando la circolazione di merci, persone e capitali. Si tratta di una prospettiva di recessione ancora più dura della prima perché si fonda su una paura che non si limita alla comunità, pur estesissima, dei mercati finanziari come nel 2008. Ora la paura è davvero globalizzata perché corre attraverso la rete, i social, i media che arrivano ovunque e, soprattutto, non sono né governabili, né veritieri. I titoli tossici della crisi del 2008 erano gestiti da istituzioni e da soggetti parzialmente definibili e regolabili; oggi la paura è globale e pare pertanto in grado di indurre la paralisi delle forme dell’economia contemporanea.

In queste condizioni decrescita, autarchia, protezionismo saranno effetti inevitabili, così come il ritorno alle comunità chiuse. In estrema sintesi, se la paura diventa il motore di ogni scelta, quella che ci attende non è una recessione ma un vero e proprio cambiamento di fase storica, a cui approderemo in un clima ostile e feroce.

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