Produzione mineraria vicina al declino

Produzione mineraria vicina al declino

Per le miniere d’oro il 2016 è stato un altro anno di volumi da primato. Ma proprio questa performance, di cui molti dubitavano, potrebbe essere stata una sorta di canto del cigno per il settore: un numero crescente di esperti è convinto che la produzione aurifera abbia raggiunto – o sia molto vicina a raggiungere – un picco. Dopo di che, inizierà a declinare.

La tendenza potrebbe anche essere molto graduale e non necessariamente irreversibile. Inoltre per l’oro è meno preoccupante che per altre materie prime: il metallo non si “brucia” con l’utilizzo, come ade sempio accade al petrolio, ma può essere riciclato (e se i prezzi aumentano per via di una ridotta offerta mineraria indubbiamente ci sarà più rottame sul mercato). Grandissime quantità di oro sono custodite anche nei caveax delle banche centrali, come riserve, e altri lingotti sono accantonati a fronte di Etf sull’oro fisico.

In ogni caso il metallo si comporta più come una valuta che come una commodity, men che meno una commodity industriale. Che lo stock di oro smetta per qualche anno di espandersi non è dunque necessariamente una catastrofe, anche se in effetti potrebbe far decollare le quotazioni del lingotto, specie se il fenomeno diventasse tanto evidente da essere percepito dalla massa degli investitori.

Per adesso siamo ben lontani dall’emergenza. secondo tutte le maggiori società di ricerca, il bilancio del 2016 evidenzia una produzione mineraria da record e un surplus di oro fisico, che non ha pesato sui prezzi solo perché gli investitori hanno riscoperto il lingotto come bene rifugio o come asset di diversificazione, a fronte di una ripresa dell’inflazione e di un allontanamento della prospettiva di strette monetarie da parte della Fed.

Gfms ritiene che il «picco dell’oro» sia già arrivato: nel Gold Survey, diffuso ieri, si prevede che per la prima volta da un decennio la produzione mineraria inizierà a calare nel 2017, dopo un record di 3.222 tonnellate estratte nel 2016. L’impatto sul mercato dovrebbe comunque essere modesto: secondo Gfms il prezzo medio del lingotto quest’anno salirà solo dello 0,9% a 1.259 $/oncia.

Anche IntelligenceMine si aspetta un’offerta mineraria in calo nel 2017, legato a «minori scoperte, vene più povere, scenario economico e regolatorio difficile in molti Paesi». Per altre società di ricerca, tra cui Metal Focus (Mf), che lavora per il World Gold Council, e Cpm Group, l’appuntamento col «picco» è invece solo rinviato. Entrambe hanno stime più alte del Gfms sulla produzione 2016 e pensano che il 2017 registrerà un’ulteriore crescita, sia pure modesta.

Un allarme è stato lanciato anche da diversi manager del settore. Il ceo di Newmont Mining, Gary Goldberg, prevede che l’offerta di oro calerà del 7% entro il 2021, quello di Randgold Resources, Mark Bristow, è convinto che il declino inizierà «entro tre anni» perché le minerarie non riescono a rimpiazzare le riserve.  «Se anche se l’oro salisse a 2.500 $ domani – avverte Ian Telfer, ceo di Goldcorp – non riusciremmo a modificare la produzione dei prossimi 4 anni». Lo scenario diventerà «incredibilmente rialzista per l’oro» secondo Telfer, che prevede anche un’intensificarsi della tendenza al consolidamento nel settore.

 

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